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Lunedì, 29 Agosto 2005
In vetrina

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a cura di Russ Kick


Il primo manuale dei segreti e delle bugie
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CENSURA
di Peter Phillips e Project Censored


Le notizie più censurate nel 2003
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L'INGANNO A TAVOLA
di Jeffrey Smith

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Economia
L’ormai scomparsa economia americana

di Paul Craig Roberts

Un paese non può definirsi superpotenza senza essere all’avanguardia nei settori tecnologicamente avanzati; già mentre scrivo la superiorità tecnologica americana sta svanendo...

Un paese non può definirsi superpotenza senza essere all’avanguardia nei settori tecnologicamente avanzati; già mentre scrivo la superiorità tecnologica americana sta svanendo.
Il tutto è cominciato nel momento in cui le aziende tecnologiche americane hanno cominciato ad affidare all’estero le proprie produzioni. Oggi ci troviamo nella situazione in cui aziende americane vendono prodotti fabbricati in Asia sotto il loro marchio americano.

Gli ideatori di questo sistema, e i loro apologeti, ci vogliono far credere che la perdita di capacità produttiva in settori così avanzati siano segni di uno sviluppo positivo. Secondo loro la fabbrica appartiene alla “vecchia economia”, e avere trasferito gli stabilimenti in Asia significa solo beneficiare gli americani attraverso l’abbassamento dei prezzi dei beni di consumo e l’aumento sempre più alto del valore delle azioni. Il futuro ormai è già presente nella “nuova economia” che richiede solo posti di lavoro per la progettazione delle tecnologie avanzate.

L’assunto ormai era diventato un articolo di fede. Ben pochi però si sono chiesti come un paese che non produce possa restare anche all’avanguardia.

Siamo nel 21esimo secolo ma la “nuova economia” non si vede, se non scarsamente. I posti di lavoro promessi, basati sulla “conoscenza”, non si sono ancora visti. Anzi, al contrario, il Bureau of Labor Statistics ha dovuto registrare la perdita netta di 221.000 posti di lavoro nelle prime sei classifiche relative alle produzioni tecnologiche.

Oggi molti tecnici del settore elettrico, elettronico e dei computers, che erano ben remunerati alla fine del secolo scorso, sono disoccupati e non riescono a trovare un impiego. Del resto se il paese non produce non ha nemmeno bisogno di tecnici numerosi e qualificati, inoltre quel poco di lavoro che è rimasto può essere affidato sia all’estero che ai meno costosi immigrati, entrati coi vari permessi di soggiorno.

Gli apologeti dei trasferimenti all’estero, posti di fronte a fatti incontestabili, hanno fatto ricorso a un’altra trovata di fantasia. Secondo loro molti lavori di impegno tecnico e progettuale ormai sono diventati lavori di routine che possono essere convenientemente trasferiti all’estero, però hanno promesso che la progettazione avanzata, relativa alla ricerca, sviluppo e innovazione, resterà negli USA, consentendo quindi al paese di restare all’avanguardia nel settore.

Ahimè, adesso tocca proprio alla progettazione e innovazione di essere trasferita all’estero. Secondo Business Week (21 marzo, “Outsourcing innovation”) la promessa delle aziende del Primo Mondo, in base alla quale la ricerca e sviluppo dovevano restare in casa, “è ormai passè.”

Ora anche aziende come Dell, Motorola, e Philips, che erano note come produttori di beni originali, progettati e costruiti in casa, secondo le scoperte dei propri uffici di ricerca e sviluppo, affidano il loro marchio a prodotti che sono stati disegnati, completati e fabbricati in Asia da parte di “Original design Manufacturers” (ODM) a loro esterni.

Secondo Business Week grosse quantità di telefoni cellulari, PC portatili, macchine fotografiche digitali, riproduttori di MP3, e altro materiale sono prodotti dalla sera alla mattina da parte di fabbricanti su progetto originale (ODM). Un ODM di Taiwan ha riferito a Business Week che “Fino a due, tre anni fa i nostri clienti partecipavano anche alla progettazione e ai disegni, dall’anno scorso acquistano il prodotto a scatola chiusa.”

Un altro dirigente ODM afferma: “C’è di nuovo che i nostri clienti ormai hanno bisogno di noi per poter progettare l’intero prodotto. Ormai è difficile ottenere idee originali da parte dei nostri clienti. Siamo noi stessi che dobbiamo innovare.” Secondo un altro dirigente: “Noi conosciamo questo tipo di prodotto molto meglio dei nostri clienti. Siamo perfettamente in grado di integrare tutte le ultime tecnologie.” I clienti di cui si parla sono le principali ditte americane del settore.

E così, mentre gli uffici di ricerca e sviluppo delle ditte asiatiche si stanno espandendo, quelli americani si stanno restringendo. Business Week riporta che gli investimenti in ricerca e sviluppo di ditte come la Hewlett Packard, Cisco, Motorola, Lucent Technology, Ericsson, e Nokia si vanno sempre più riducendo.


La pratica di affidare all’estero le proprie produzioni sta rapidamente trasformando le ditte americane in un semplice marchio provvisto di una rete di vendita per prodotti concepiti, studiati e fabbricati da ditte straniere. Che se ne rendano conto o meno le aziende americane hanno ormai cancellato il proprio mercato interno. Chi non partecipa alla innovazione, progettazione, sviluppo e fabbricazione dei prodotti è anche privo del reddito necessario per sostenere l’infrastruttura di vendita della “vecchia economia”.

Gli economisti del “libero mercato” e i politici USA non si accorgono che l’economia USA si sta trasformando in una economia da terzo mondo, mentre se ne accorgono gli studenti dei college e i capi degli istituti tecnici a causa del declinare continuo dei posti offerti nel settore e delle iscrizioni nelle scuole. Mentre gli economisti del “libero mercato” assieme ai propagandisti aziendali blaterano sul glorioso futuro dell’America, i capi di prestigiosi istituti tecnici stanno riflettendo sul destino dell’istruzione tecnica superiore in America.

Una volta che le ditte USA hanno perso completamente il vantaggio dei loro prodotti tecnologici esclusivi qual è il valore residuo che rimane all’interno del loro marchio? Quanto mancherà agli ormai onnipotenti produttori ODM per fare a meno anche del marchio americano?
Il trasferimento all’estero della fabbricazione, progettazione e innovazione dei prodotti USA ha conseguenze tremende sull’istruzione tecnica superiore e universitaria. Il vantaggio di un diploma o di una laurea viene meno nel momento in cui gli unici lavori rimasti sono quelli del settore dei servizi interni.
Secondo il Los Angeles Time (11 marzo) il numero di laureati rimasti senza lavoro per lungo tempo è cresciuto drammaticamente negli ultimi tempi. Il US Departement Labor ha riportato a marzo del 2005, che nel mese precedente più di 373.000 laureati/diplomati, ormai senza speranza, sono usciti dal mercato del lavoro, un numero molto più grande rispetto ai nuovi posti creati.
Il vanificarsi dell’economia USA si riflette anche nell’ormai esplosivo deficit commerciale. Dal momento che molti posti di lavoro vengono spostati all’estero, beni e servizi che prima erano prodotti all’interno diventano beni di importazione. Secondo gli svampiti economisti e i funzionari dell’amministrazione Bush la crescente dipendenza dell’America dalle importazioni estere rappresentano la prova della forza dell’economia USA e del suo ruolo di motore principale della crescita mondiale.

Queste pretese non tengono presente che gli USA stanno pagando le loro importazioni trasferendo ad altri popoli la propria ricchezza presente e i guadagni futuri. Dagli anni ’90 i paesi esteri hanno comprato, come effetto dei deficit commerciali americani, 3,6 mila miliardi di dollari in attività USA.

All’estero esiste una sovrabbondanza di dollari USA. Negli ultimi tre anni la scarsa propensione ad acquistare ancora altri dollari ha avuto come risultato un deciso declino del dollaro rispetto all’oro o ad altre valute.

Di recente Giapponesi, Cinesi e Sud Coreani hanno fatto presente le loro preoccupazioni. Secondo Bloomberg (10 marzo) il Giappone ha visto diminuire il valore delle sue riserve di 109,6 miliardi di dollari.

Negli ultimi tre anni le banche centrali asiatiche, secondo Asia Times del 12 marzo, stanno riducendo le loro riserve in dollari a favore di valute regionali. Secondo uno studio della Bank of International Settlements il rapporto delle riserve in dollari in Asia è calato dall’81% del terzo trimestre, al 67% del settembre 2004. Anche l’India ha ridotto le proprie riserve in dollari da 63% al 43%. Lo stesso dicasi per la Cina, dall’83% al 68%.

Il dollaro USA perderà lo “status” di valuta di riserva mondiale nel momento in cui non verrà riconosciuto come tale da quell’area del mondo che sta rapidamente diventando il centro principale di produzione, progettazione e innovazione.

Confusi dai proclami propagandistici del “libero mercato”, gli Americani si sentiranno perduti quando cominceranno ad accorgersi delle frustrazioni continue dei giovani che escono dalle università. Il livello di vita degli americani, stretto fra paghe sempre più basse e prezzi dei beni importati sempre più alti, dovrà essere messo a dieta assieme a un dollaro declinante, quale ricordo di una economia del tempo che fu.

Intanto il Grande Vecchio Partito (Repubblicano) ha approvato una “riforma” del diritto societario (bancarotta) che di sicuro ridurrà i disoccupati americani a vivere di debiti afflitti da salatissimi conti medici da regolare con gli impiegati delle carte di credito. Le facce di bronzo dell’Amministrazione Bush si vogliono accertare per bene che gli americani provino in pieno tutta la caduta del loro paese.

Fonte: http://www.counterpunch.org/roberts03162005.html
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Vichi

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L’ormai scomparsa economia americana | Login/crea un profilo | 2 Commenti
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da Anonimo 03 Ago 2005 - 10:41
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